Società Nazionale di Salvamento, dal 1871... per la sicurezza della vita sul mare
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Ancona, 30 Luglio 2020 – Riportiamo l’articolo “In 3 settimane già 12 i salvataggi. Il Banco Marchigiano supporta la Società Nazionale Salvamento in mare”, pubblicato su vivereancona.it il 30/07/2020. Le parole di Massimo Albanesi, Direttore della Società Nazionale di Salvamento della Sezione di Ancona-Falconara.

leggi l’articolo su vivereancona.it – 

<<Ancona 30/07/2020 – “Basterebbe rispettare quelle poche e semplici regole base per rendere il mare un amico ed evitare gran parte dei rischi per i bagnanti”.
Massimo Albanesi, Presidente della Società Nazionale Salvamento Sezione di Ancona-Falconara, guarda i dati relativi a questa prima metà della stagione balneare 2020 ed evidenzia che i casi non tendono a diminuire, restando nella media degli anni passati. “Basterebbe evitare di entrare in acqua in piena digestione, bagnarsi gradualmente per evitare l’effetto brusco caldo-freddo e non allontanarsi in caso di mare agitato: se venissero maggiormente rispettate queste tre regole base si verificherebbero molti meno casi di persone in difficoltà in acqua che vedono il nostro intervento in emergenza”.

E sono stati già 12 i casi di salvataggio da quando è iniziato il servizio di presidio, in cui l’Associazione di volontariato è dovuta intervenire in modo determinante, tra cui l’ultima a Portonovo pochi giorni fa per trarre in salvo 4 persone. “E’ proprio Portonovo – continua Albanesi – una delle nostre tre sezioni, le altre sono Ancona-Falconara e Marina di Montemarciano, che sta crescendo maggiormente in termini di attività e di richieste di intervento”. Intanto, il Banco Marchigiano ha deciso di supportare la preziosa attività quotidiana di puro volontariato della Società Nazionale Salvamento: “Ci autofinanziamo in tutto e quindi per noi questo supporto è ossigeno. Ringraziamo pertanto la Banca.
Il suo aiuto verrà impiegato per potenziare i mezzi a disposizione, la loro manutenzione e per le spese vive e ci sarà di grande aiuto per alimentare l’attività in modo particolare della sezione di Portonovo che vede annualmente grandi flussi di turisti”. Da pochi giorni una squadra della Società Nazionale Salvamento è dedicata anche al “servizio Covid” nelle spiagge libere con ragazzi e ragazze che si occupano di garantire il distanziamento sociale. Un compito anche questo prezioso in una fase in cui sarà determinante non abbassare la guardia nel contrasto al Sars Cov2 ed evitare potenziali recrudescenze del virus.>>

Fonte e immagini: vivereancona.it

Lido di Venezia, 24 Luglio 2020 – “Storie di bagnini”: il secondo appuntamento pubblicato il 23/07/2020 sul quotidiano “Corriere della Sera”. Riportiamo l’articolo di  Andrea Pasqualetto.

Pippo, che ha smentito il medico: «Disse: “È morto”. Io lo salvai»

Benito Garbisa, 60 salvataggi in altrettanti anni di servizio, è cresciuto tra gli ombrelloni sulla spiaggia del Lido di Venezia. In bacheca medaglie e il titolo di Cavaliere della Repubblica

di Andrea Pasqualetto leggi l’articolo su corriere.it – pubblicato il 23/07/2020 

<<Eccolo puntuale sul molo di Santa Maria Elisabetta, inconfondibile barba bianca. Ti vede, ti avvicina, ti stringe la mano come una morsa: «Bondì, salta su». Si sale, quindi, nella sua Yaris bianca. Nessuna mascherina, nessuna precauzione, il Covid come l’alta marea veneziana quando il pericolo è scampato. «Ti ga ancora quea roba sua boca!», esordisce quasi disgustato. Mentre guida fra le stradine strette del Lido di Venezia, l’isola d’oro dei suoi ottantasei anni, Benito «Pippo» Garbisa parla nel dialetto stretto della laguna, con quell’erre molto arrotata che hanno solo i veneziani del centro storico. «Ciao Pippo, tuto ben?», lo saluta un giovane dal marciapiede. «Ciao vecio». Non vuole andare subito al mare, dove ha trascorso tutta la vita. Era alto così quando suo padre Spiridione gli faceva aprire gli ombrelloni del loro stabilimento sul lungomare Marconi.

Al lavoro dal ‘49
Prima vuole farti vedere qualcosa e quindi svolta verso l’aeroporto isolano, il Nicelli, una striscia d’erba fra il mare e la laguna a un passo dal Mose, amministrato da suo figlio Maurizio Luigi «Gigi». Anche Gigi è nato e cresciuto fra gli ombrelloni ma poi ha cambiato strada e al mare ha preferito la terra e il cielo. «Avevo bisogno di aria nuova». Pippo no, lui ha sempre fatto quello: il bagnino e il gestore, in ordine di importanza. Settant’anni di onorata carriera, iniziata ufficialmente nel 1949, quando a 16 anni ottenne il tesserino di salvamento, lo stesso che ha rinnovato anche nel 2020. La struttura è stata venduta 12 anni fa ma lui in spiaggia ha continuato ad andarci: «Non al Garbisa però, troppi ricordi, troppo…», sospira fino a commuoversi ed è la prima sorpresa.

Il più decorato d’Europa
Una fedeltà al lavoro che gli è valsa diversi primati: bagnino più decorato d’Europa, bagnino più anziano d’Italia, bagnino con il maggior numero di anni di servizio. Il suo mondo è quello: mare, sabbia, sdraio, moscone e canottiera rossa. Con un numero su tutti: sessanta salvataggi, cioè sessanta persone rianimate. «Un record, so el primo d’Europa», dice con orgoglio, mentre fruga nel sacchetto che ha con sé. Tira fuori medaglie, targhe, riconoscimenti. «Vara qua, Mattarella, Ciampi…». Sono medaglie al merito «per aver contribuito in maniera determinante al salvataggio in mare di innumerevoli bagnanti… con elevata professionalità e impareggiabile altruismo». Quando rileggiamo ad alta voce le motivazioni i suoi occhi s’inumidiscono. E due. Perché questo lupo di mare con trascorsi di pugile e lottatore, ha dentro qualcosa che gli monta al solo ricordo. «Mio papà è senz’altro un po’ vanitoso — spiega il figlio — ma è anche molto buono e molto molto sensibile».

Quel salvataggio del ‘66
Medaglia d’argento e di bronzo al valor civile, Cavaliere ufficiale della Repubblica, Cavaliere di San Marco, Commendatore e pure Croce d’oro dell’Avis con oltre 150 donazioni. Ogni premio ha la sua spiegazione. Anno 1966, spiaggia Sorriso. «Atto di eroismo, salvava da morte certa un bagnante», scrivono. «Vara, me vien ancora a pee de oca», dice mostrandoti il braccio che, in effetti, ha la pelle accapponata. La scena l’ha scolpita così nella memoria: «Sento urlare aiuto, guardo, mi butto, tiro su un giovane e lo porto a riva. Poi arriva il medico: “Questo è morto”. Eh no, dico io. Massaggio cardiaco, respirazione bocca a bocca, secchiate d’acqua dal collega, mezz’ora così. Non era morto. Arriva l’ambulanza e lo porta in ospedale. Salvo».

Scogli come coltelli
Anno 1958. Mareggiata. Tre ragazzi di Mestre stavano annegando fra gli scogli. «Li ho tirati fuori uno alla volta. Vara qua», e ti fa vedere la mano ancora forte. «Sei punti di sutura». Anno 1980. Signora che fa il bagno. «Onde sempre più alte, sparisce, corro, mi butto, la tiro fuori. Vara qua», ti mostra la coscia. «Undici punti… i scogli xe come cortei». Riprendiamo la macchina per il vicino mare. Parcheggia sulla sabbia e come esce si aprono le acque. «Pippo, ti xe in ritardo», sorride un tipo. «Pippo, metti a bandiera rossa». «Ehi Pippo, mitico». È il suo regno.>>

di Andrea Pasqualetto

Fonte e immagini: corriere.it

Salerno, 21 Luglio 2020 – Ringraziamo la Capitaneria di Porto per la sensibilità e la lungimiranza. Riportiamo integralmente l’articolo di  Vincenzo Rubano pubblicato online su “Repubblica.it” – ed. Napoli – il 21/07/2020. 

Salerno, il sogno di Francesco si avvera: bagnino con la sindrome di Asperger

I genitori del 16enne hanno scoperto per caso cinque anni fa che il ragazzo ha una lieve forma di autismo

di Vincenzo Rubano leggi l’articolo su repubblica.it – pubblicato il 21/07/2020 

<<SALERNO. Il sogno si avvera. Francesco, con una lieve forma di autismo, è riuscito a realizzare il suo grande desiderio: conseguire il brevetto da bagnino. “Ora potrò finalmente aiutare gli altri – racconta emozionato – il mio sogno è salvare vite umane”. Francesco, 16 anni, residente a Santa Marina, ha la sindrome di Asperger, l’hanno scoperto per caso cinque anni fa, i suoi genitori, dopo un attacco epilettico.

L’Asperger per lui è un turbinio di entusiasmo e voglia di fare, dalla palestra alla corsa, dai giochi di società al nuoto. Ieri all’esame da bagnino, a Salerno, presso il lido Colombo, è arrivato con venti minuti di anticipo. Maglietta bianca e pantaloncino nero, capelli trasandati e lo sguardo un po’ perso nel vuoto. Ad accompagnarlo la mamma Biagina e il papà Giovanni.

“Non vedeva l’ora di sostenere l’esame – raccontano i genitori – durante il viaggio in auto ha ripetuto per tutto il tempo le tecniche di salvataggio e di rianimazione”. E poi, per oltre un mese, si è esercitato in mare con gli istruttori della Società Nazionale di Salvamento.  Francesco vive in simbiosi con il mare, è un esperto nuotatore. Quando ieri mattina, durante la prova pratica, si è gettato in acqua per il recupero di una persona in difficoltà, ha lasciato tutti senza parole. Veloce, determinato, professionale.

E con una grinta fuori dal normale. “E’ stato bravissimo – racconta orgoglioso il suo istruttore Pietro Testa – è stato uno dei miei migliori allievi e ha raggiunto un grado di preparazione altissima. Ha seguito il corso sempre con molta attenzione ma soprattutto con tanta voglia di imparare. Inizialmente ero molto scettico -ammette l’istruttore – non avevo mai avuto esperienze di questo tipo. Francesco però mi ha fatto ricredere. E’ stato un esempio per tutti”.

La mamma di Francesco, Biagina, non ci crede ancora: “Mi sembra un sogno dopo immense difficoltà e porte sbattute in faccia. Qualche anno fa, un medico si stupì persino che avesse imparato a leggere e a scrivere. Questa era la prospettiva che avevamo dell’autismo”. Biagina, di professione giornalista, è una super mamma. “Per anni nessuno è stato in grado di darci una diagnosi. Dopo quell’attacco epilettico, l’unico della sua vita, mi venne in mente un articolo sul film “Adam”, la storia di un ingegnere che soffre proprio di questa sindrome: per me fu un’illuminazione”.

Da allora Biagina inizia la sua battaglia per aiutare il figlio. A 49 anni si scrive all’università e si laurea in tempi record e con il massimo dei voti in Scienze dell’educazione e della formazione. “L’ho fatto per essere più vicina a mio figlio – racconta – per potermi occupare personalmente delle sue difficoltà. L’Asl e la scuola, purtroppo, fanno ancora troppo poco”. Adesso Francesco, grazie anche all’impegno della mamma, continua a sognare, come dovrebbero fare tutti. E ha imparato a fregarsene del giudizio della gente e quando parla dice tutto quello che pensa.

“Non mi interessa quello che dicono le persone – spiega – faccio tutto quello che ho voglia di fare. E adesso ho voglia di impegnarmi per aiutare gli altri”. Orgoglioso di Francesco anche il capitano di vascello Daniele Di Guardo, comandante della Capitaneria di Porto di Salerno. “Un bagnino modello – spiega il comandante – siamo fieri ed orgogliosi di poter contare anche sulle sue competenze per assicurare sicurezza ai bagnanti. La perseveranza e l’impegno di Francesco siano da monito per tutti quelli che aspirano a lavorare nel settore della balneazione, affinché venga assicurato sempre un intervento efficace in caso di emergenza. L’assistente bagnante – ha concluso Di Guardo – è un interlocutore importante della Capitaneria di Porto, quale prima persona in grado di intervenire. Per questo si rende necessaria un’azione sinergica, condividendo l’obiettivo comune della salvaguardia della vita umana in mare”.>>

di Vincenzo Rubano

Fonte e foto: Repubblica.it 

16 Luglio 2020 – Il dossier di corriere.it: riportiamo l’articolo di Alessio Ribaudo pubblicato online sul “Corriere della Sera” il 14/07/2020. 

Bimbi annegati da aprile: una strage silenziosa (che l’Oms chiede all’Italia di azzerare)

Negli ultimi tre mesi sette bimbi sono morti per annegamento. Per l’Istituto superiore di sanità è l’ottava causa di morte sotto i 20 anni e la seconda per incidente ma «sono totalmente evitabili se si applicassero semplici regole di prevenzione». Ecco i consigli

di Alessio Ribaudo leggi l’articolo su corriere.it – pubblicato il 14/07/2020 

<<L’ultimo in ordine di tempo, è stato Massimiliano di quattro anni. Doveva essere una domenica all’insegna del relax e del divertimento in un agriturismo del Ferrarese ma tutto, nel giro di pochi attimi, si è trasformato in tragedia. Un gelato al bar, poi il bimbo finisce nella piscina profonda un metro e trenta centimetri. Malgrado i tentativi di rianimarlo dei soccorritori, arrivati con l’elisoccorso, per lui non c’è stato nulla da fare. Da ieri, invece, due bambini in Liguria e uno in Lombardia riceveranno gli organi di Nicola, annegato a 21 mesi a Bra nel Cuneese. Era scivolato, martedì scorso, in una piscinetta gonfiabile da giardino, profonda una manciata di centimetri. A differenza di Massimiliano, il cuoricino di Nicola aveva ripreso a battere grazie alle manovre dei medici giunti con l’elisoccorso. Purtroppo, il cervello aveva riportato danni irreparabili e non ce l’ha fatta. I suoi genitori, con grande generosità, hanno dato l’assenso all’espianto degli organi non compromessi: le donazioni in questa fascia infantile sono molto rare e consentiranno di vivere ad altri tre bimbi che avrebbero avuto il destino segnato. Due anni e spiccioli aveva Armony, ne avrebbe compiuti tre a settembre: purtroppo è annegata nella piscina di una struttura ricettiva, trasformata parzialmente in centro di accoglienza per richiedenti asilo, che si trova a Riparbella, nel Pisano. I sanitari hanno provato di tutto per salvare la piccola, di origine nigeriana, ma ogni tentativo è stato vano. È morta sotto gli occhi atterriti di un amichetto coetaneo, anche lui di origine africana, con cui stavano giocando in giardino. A Calendasco, nel Piacentino, un bimbo di due anni che si chiamava Ezechiele, il 2 luglio è finito in acqua nella parte più profonda della piscina di casa. È stato trasportato in elisoccorso a Bergamo dove i medici hanno provato a intubarlo e rianimarlo più volte ma i danni subiti erano troppi ed è morto. Due anni in più aveva Antony ma, lo scorso 23 maggio, ha perso la vita. Secondo una prima ricostruzione degli inquirenti, si trovava in casa a Giugliano con la sorella maggiorenne mentre i genitori erano fuori: finito in acqua nella piscina del suo giardino. Il trasporto all’ospedale di Pozzuoli è stato inutile. Tragedia nella tragedia, il padre di Antony appena saputa la notizia, nel tentativo di precipitarsi al pronto soccorso, è rimasto vittima di un grave incidente stradale. Il 5 aprile sembrava una domenica pomeriggio, come tante del lock down. Non lo è stata per la piccola Alejisa, di origine macedone, morta nelle acque del canale del Brentella su cui si affaccia la casa dei genitori. Stava giocando in giardino a Ciano con la sorella di circa tre anni quando è volata via per sempre.

La «strage silenziosa»
È chiamata la «strage silenziosa» perché il bambino che cade in acqua e annega spesso non riesce a gridare o a chiamare aiuto. Non sono casi isolati, anzi. Secondo gli ultimi dati dell’Istituto superiore di sanità (Iss) sono oltre 400 le persone che ogni anno muoiono in Italia per annegamento in piscine, mare, fiumi o laghi. Secondo gli ultimi dati disponibili Istat, sono stati esattamente 415: 337 uomini e 78 donne. La fascia con più decessi è quella fra 15 e 19 anni ma, comunque, in 108 non avevano più di 24 anni e in dieci casi si trattava di bimbi che avevano al massimo compiuto 4 anni. Le vittime sarebbero potute essere molte di più senza l’opera costante e, alle volte, eroica dei bagnini. Infatti secondo Giuseppe Marino, presidente della Società nazionale di salvamento, «ogni anno si registrano 60 mila salvataggi». La loro presenza è spesso determinate. «A esempio in piscina — conclude Marino — gli annegamenti sono silenziosi e non attraggono l’attenzione di chi nuota accanto mentre il bagnino è addestrato per capire quando sta accendo qualcosa di fatale e sa come intervenire».

Le norme
C’è anche un problema legato alla legislazione. Secondo proprio la Società nazionale di salvamento, la situazione normativa delle piscine in Italia «è complicata dal fatto che, dopo l’Accordo Stato-Regioni del 2003, circa la metà degli enti pubblici regionali non ha dato seguito con una legge, come avrebbe dovuto, mentre l’altra metà ha emesso anche più provvedimenti normativi ma non sono chiari, mal redatti, talvolta contraddittori». Poi quando succede la tragedia è la magistratura che si fa carico di stabilire le responsabilità. «Le regole che riguardano le piscine sono congegnate un po’ come il Codice della strada: se le norme sono osservate scrupolosamente, gli incidenti sono impossibili (salvo il caso fortuito). Nel caso di scontro si deve cercare poi cosa non ha funzionato e individuare chi non è stato alle regole, per addossargli la colpa».

Le modalità
Le piscine non presentano i pericoli delle correnti marine, delle ripide dei fiumi o delle acque fredde dei laghi per cui di solito le modalità di annegamento sono spesso le stesse. «C’è il bagnante che non sa nuotare e improvvisamente, senza volerlo, si trova in acqua fonda — proseguono dalla Società fondata nel 1887 — o quello che ha un malore che gli fa perdere conoscenza. Nel primo caso, spesso sono bambini che non sanno nuotare sotto i dieci anni ma anche molto piccoli, sotto i quattro anni. L’annegamento di un “non-nuotatore” avviene in un modo caratteristico: la vittima, in posizione verticale, riesce solo a muovere le braccia con un movimento simile al “volare”, come se le braccia fossero ali che, invece di sostenerlo, lo spingono sott’acqua. Questa “lotta di superficie” dura circa 20 secondi mentre in un adulto un minuto. Tempi brevissimi perché poi la vittima, sotto il pelo dell’acqua, diventa invisibile agli altri ed entro qualche minuto sarà morta».

Nel mondo
Non è solo un problema italiano. L’Organizzazoine mondiale della sanità (Oms), visti i numeri, ha studiato il fenomeno e, per la prima volta sei anni fa, ha pubblicato un lungo dossier dedicato esclusivamente al problema. Nel mondo, ogni anno, si registrano oltre 320mila annegamenti: come se sparissero per sempre tutti gli abitanti di Bari. C’è di più: più della metà delle vittime aveva meno di 25 anni. L’annegamento rappresenta la terza causa di morte sotto i 15 anni dopo la meningite e l’Hiv. In generale vale oltre il 9 per cento della mortalità globale totale ed è la terza causa principale di morte involontaria per infortunio (7% di tutti i decessi correlati a lesioni). Accade ovunque ma, spiegano gli analisti dell’Oms, «i Paesi a basso e medio reddito rappresentano oltre il 90 per cento dei decessi per annegamento involontario». Tra l’altro, da questi dati, vengono esclusi i decessi per annegamento intenzionale (suicidio o omicidio) e quelli causati da catastrofi di alluvione e incidenti nel trasporto per via d’acqua. A livello globale, i più alti tassi di annegamento sono tra i bambini sino a 4 anni, seguiti da quelli tra i 5 e i 9 anni. Negli Stati Uniti, è la seconda causa di decesso involontario in bambini di età compresa tra 1 e 14 anni; in Australia tra 1 e 3 anni e in Cina è la principale causa di morte per infortunio nei bambini di età compresa tra 1 e 14 anni.

Le caratteristiche
Sempre secondo l’Oms, i bambini che vivono vicino a fonti d’acqua aperte, come fossati, stagni, canali di irrigazione o piscine, sono molto esposti. Più in generale, «i maschi sono particolarmente a rischio di annegamento (il doppio del tasso di mortalità generale delle femmine), hanno maggiori probabilità di essere ricoverati in ospedale perché sarebbero a maggiore esposizione con l’acqua e comportamenti più rischiosi come il nuoto da solo, bere alcolici prima di nuotare da soli e andare in barca. Gli annegamenti si verificano soprattutto in spiagge con molta pendenza dei fondali, dove col mare agitato si possono formare pericolose correnti di ritorno e buche. Inoltre sarebbero fattori penalizzanti «uno status socioeconomico inferiore; la mancanza di istruzione superiore; il lasciare i bambini incustoditi o soli con un altro bambino intorno all’acqua; l’uso di alcol, vicino o in acqua; malattie come l’epilessia o non avere familiarità con i rischi e le caratteristiche idriche locali perché turisti.

La richiesta dell’Oms
I morti, specialmente dei più giovani, preoccupano l’Oms che ha chiesto a tutti i Paesi di dimezzare della metà la mortalità in generale e di azzerare quella dei bambini. L’Italia, negli ultimi 50 anni, ha ridotto di due terzi le vittime (nel 1970 erano almeno 1.200) ma sono ancora troppi. L’Iss si è posto come obiettivo quello di costruire una cultura della sicurezza in acqua creando una vera e propria strategia di prevenzione degli annegamenti basata su alcuni cardini: «Migliorare le capacità di nuoto dei bambini e dei ragazzi, garantire la sicurezza delle spiagge libere con sistemi di sorveglianza idonei, elaborare un adeguato sistema d’informazione al pubblico e un’adeguata cartellonistica per la spiaggia che richiami il dovere della sorveglianza da parte degli adulti».

I consigli per i bimbi
«I decessi per annegamento nelle piscine in età pediatrica sono casi totalmente evitabili se si applicassero semplici regole di prevenzione — spiegano gli epidemiologi Sabrina Cedri e Giuseppe Balducci del dipartimento ambiente e salute dell’Istituto superiore dei sanità e fanno entrambi parte dell’Osservatorio per una strategia nazionale di prevenzione degli annegamenti ed incidenti in acque di balneazione del ministero della Salute —. Bisogna sapere che un bambino può annegare anche in pochi centimetri d’acqua e sono sufficienti pochi minuti ma già dopo i primi si possono avere danni molto gravi. Spesso i genitori non si rendono conto che “una breve telefonata”, percepita come avere una durata di pochi secondi, in realtà può durare anche 5 minuti». Un bimbo può annegare anche in una piscinetta profonda pochi centimetri:«se è molto piccolo, non riesce ad alzare la testa, una volta che le vie aeree, naso e bocca, sono sommerse e quindi non occorre che “non tocchi”». Per questo motivo non si possono lasciare da soli «se nei pressi ci sono specchi di acqua o se non si è a conoscenza del territorio circostante perché sono pericolose anche solo vasche da bagno, secchi o bacinelle per non parlare di piscine, piscine gonfiabili o pozzi», proseguono. Sorvegliare significa sia mantenere un costante contatto visivo sia averli sempre a portata di mano: «se il contatto visivo viene interrotto, può cadere in una bacino d’acqua e morire mentre si sta cercando di ritrovarlo, perché un bambino che annega non fa rumore». Un consiglio fondamentale è quello di recintare le piscine. «Bisogna utilizzare quelle a quattro lati o con isolamento e cancello autochiudente e autobloccante, come indica l’Oms nelle sue linee guida — dice Balducci e Cedri — e quando non si usano più le piscine si devono coprire le piscine con appositi teli». C’è di più:«Bisogna anche recintare i giardini delle abitazioni per impedire che i bimbi escano ed esplorino l’ambiente da soli, con il rischio di scivolare in un bacino d’acqua, piccolo o grande, o nella piscina di una casa limitrofa e in alternativa o in aggiunta bisogna installare barriere a prova di bambino alle porte di casa». Prima di farli tuffare in piscina, soprattutto se hanno capigliature fluenti, bisogna fargli indossare le cuffie per evitare il rischio che i capelli si possano impigliare nei bocchettoni di areazione (che, comunque, vanno protetti con apposite grate). «Chi usa le piscinette, dopo l’uso, le deve sempre svuotare e lo stesso consiglio vale anche per le vasche da bagno, i secchi o i serbatoi e vanno anche tolti tutti i giocattoli», argomenta l’epidemiologa. A tutti i bimbi è consigliato frequentare corsi di nuoto e acquaticità. Del resto è una disciplina insegnata con metodicità sin dai tempi degli antichi Romani che sostenevano come «l’uomo che non sa né leggere né nuotare è un ignorante». «Tuttavia — concludono gli epidemiologi Balducci e Cedri — bisogna tenere presente che gli incidenti accadono anche ai bambini che sanno nuotare. La vigilanza è quindi comunque d’obbligo, anche in caso di presenza di recinzioni, o se il bambino sa nuotare». >>

di Alessio Ribaudo

Fonte e immagini: corriere.it

Cesenatico, 16 Luglio 2020 – Storie di bagnini: riportiamo l’articolo di  Roberta Scorranese pubblicato online sul “Corriere della Sera” il 14/07/2020. 

Giovanni il bagnino, salvò turista tedesca: ogni anno per ringraziarlo gli invia una bottiglia di prosecco

Giovanni, 63 anni, lavora a Cesenatico da quando ne aveva 19. «Tutto quello che so l’ho imparato dai bagnanti colti»

di Roberta Scorranese leggi l’articolo su corriere.it – pubblicato il 14/07/2020 

<<Sono le otto del mattino e «SalvaJohnny» ha già fatto una mezz’ora di su e giù per le scale, doccia, colazione e già lo trovi in quella che è la sua vera casa da quasi quarantacinque anni: la torretta di salvataggio della spiaggia di Zadina di Cesenatico, lingua di sabbia storica della riviera romagnola, con i bagnanti di una vita che lo salutano da sotto. «Ehi SalvaJohnny come va?». «Mo bene, bene, state attenti» fa lui, maglietta rossa e berretto.

Bambini
Giovanni Zavalloni, 63 anni, ha visto crescere bambini vicentini e bergamaschi, ha visto invecchiare imprenditori, architetti, impiegati e sotto i suoi occhi le vacanze degli italiani sono cambiate: «Adesso vengono per un paio di settimane, stanno in spiaggia un poco ma poi vanno a fare le gite, mangiano insalate» quando una volta i bagnini facevano la pesca alla tratta, tiravano le reti e grigliavano il pesce per tutti sulla riva. SalvaJohnny ha cominciato a fare il bagnino a diciannove anni: «Non ho studiato, tutto quello che so l’ho imparato dai bagnanti colti». Ma era elastico, veloce, con una vista acuta. Erano gli anni Settanta, c’erano gli «chalet» che mettevano la musica (preludio alle discoteche anni Ottanta), le tedesche che ballavano con i pantaloncini corti spettinando i pensieri dei giovanotti felliniani, ma lui, SalvaJohnny, vedeva solo lei, la Maria Adele, «magra e bellissima che andava sul pattino come una signora». Subito se la immaginò come la signora Zavalloni e così è stato. Oggi hanno una figlia e quattro nipoti, mentre Giovanni giura che si è sempre mantenuto immune da ogni tentazione da bagnasciuga. Le «respirazioni bocca-a-bocca sono state rigorosamente per servizio», anche se «quasi mai nessuno ringrazia, alla fine».

Quella cosa per ricchi
Non si contano poi quelli che ha salvato da annegamento sicuro. «Il punto — dice — è che oggi è normale per una famiglia mandare i bambini a fare nuoto. All’epoca era una cosa per ricchi. E in più le mamme facevano almeno due figli e dunque era facile che in spiaggia ne perdessero di vista uno». Oggi ci sono meno figli, le madri sono più apprensive e i bagnini puntano molto sull’atletica o sui bicipiti e poco sull’esperienza. «Non perché io voglia stare qui a vita — conclude SalvaJohnny — ma i muscoli non sono tutto. Io devo aspettare i 67 anni per andare in pensione, ma fino a quando siederò su questa torretta per me verranno prima di tutto concentrazione, rapidità nel prendere le decisioni, fermezza nel far rispettare le regole». E questo re con la maglietta rossa, seduto sul trono balneare, non lo schioda nessuno.>>

di Roberta Scorranese

Fonte e immagini: corriere.it

Porto Recanati, 12 Luglio 2020 – Forte corrente, onde alte e bagnanti in difficoltà: numerosi gli interventi di soccorso dei bagnini a Porto Recanati (AN) nella giornata di Domenica 12 Luglio. L’articolo di Chiara Marinelli “Soccorsi in mare 7 bagnanti”, pubblicato sul quotidiano “Il Corriere Adriatico” ed. Ancona il 13/07/2020. 

Fonte e immagini: “Il Corriere Adriatico” ed. Ancona